SANT’ANTONIO DELLA BARBA BIANCA Breve storia di una statua e del suo altare

Recitando il Rosario una sera di maggio nella frazione Rovascio, dalle persone anziane originarie del luogo, avevo sentito parlare dell’esistenza di una chiesa nei pressi di un vicino cortile e di una statua poi consegnata alla chiesa di San Vito. La notizia mi aveva incuriosito, ma aveva bisogno di una conferma dai documenti. Riporto quanto ho trovato finora.

Nella relazione che il parroco don Giuseppe Porlezza stese in occasione della visita pastorale del vescovo Pietro Carsana il 28 settembre 1873, trovo scritto “La chiesa ha tre altari; il maggiore sotto il titolo de SS. Vito e Modesto – il laterale a destra sotto il titolo di S. Antonio Abate, quello di sinistra della B.V. Addolorata. Hanno solo pietre sacre”. A sua volta il vescovo Carsana al termine della visita pastorale scrisse: “ Abbiamo ordinato, come ordiniamo, di eguagliare la superficie ( livellare) della mensa dell’altare di S. Antonio”.

La tradizione popolare trova conferma soprattutto dalla relazione che il parroco don Innocente Cetti stese in occasione della visita pastorale del vescovo Teodoro dei Conti Valfrè di Bonzo il 14-15 marzo 1903: “ La chiesa nel 1848 fu ingrandita e fatta a tre navate come ora esiste. Fu aggiunto l’altare di Sant’Antonio, altare che fu trasportato colla statua da Rovascio con un calice ed alcuni arredi sacri quando fu distrutto l’oratorio (chiesa) che colà esisteva per uso dei canonici che godevano del Canonicato di Rovascio”.

Verso la fine degli anni ’30 del secolo scorso, l’altare fu dedicato al Sacro Cuore e la vecchia statua di Sant’Antonio fu relegata in un armadio a muro per essere esposta solo nei giorni di metà gennaio.

La statua in legno rivestito di gesso policromato, rappresenta il Santo in posizione eretta, con lo sguardo fiero, gli occhi spalancati e la bocca semiaperta. Ha la tipica barba bianca e bianchi sono anche gli scarsi capelli. Una aureola dorata con ornamenti a forma di giglio, cinge il capo; i piedi sono nudi. Nella mano destra tiene un libriccino dalla copertina rossa (Il Vangelo? La regola?) mentre nella sinistra impugna un bastone sulla cui sommità è agganciato un campanello che richiama quello che usava il Santo per farsi trovare nelle sue peregrinazioni nel deserto egiziano. L’abbigliamento di colore marrone scuro, è composto dal saio con il cappuccio, la mantella su cui in oro spicca il tau (T) lettera greca che rimanda alla croce, lo scapolare, il cordone che però è poco visibile.

Ai suoi piedi è posto il tradizionale porcellino per indicare come Sant’Antonio Abate sia da sempre il patrono degli animali, dei pastori e dei contadini. Manca la raffigurazione del fuoco, presente spesso nelle statue di altri luoghi. Si vede che i Lipomesi non avevano bisogno di essere protetti dalla dolorosa malattia che chiama in causa senza sua colpa il Santo. A noi basta invocarlo nella ricerca degli oggetti smarriti. Con lui il ritrovamento è assicurato e immediato!

don Alfonso Rossi