Caro Leonardo…

All’illustrissimo Maestro Leonardo da Vinci

Carissimo maestro,

“a mezzo” di Marino Curnis, gran camminatore e generoso portalettere, ti giunga questo scritto a nome mio e della parrocchia di Lipomo, popoloso paese alla periferia di Como in Italia.

Devi sapere che nella nuova chiesa dedicata allo Spirito Santo, è esposta una tela che raffigura la Santa Famiglia di Nazareth. Te la voglio descrivere. Al centro è raffigurata Maria con la veste di colore rosso e il manto di colore blu nell’atto di distogliere il figlio Gesù ancora bambino, dal gesto che sta per compiere. Ha mani e piedi un po’ gonfi come accade alle mamme che hanno partorito da poco. Il viso, rivolto verso il figlio, è dolce come quello di ogni mamma, ma nel medesimo tempo anche pensieroso. Si capisce il perché. Sta meditando le parole del vegliardo Simeone ( scusami se mi immagino questo personaggio con i capelli lunghi e la barba fluente, somigliante a te come appari in un tuo celebre autoritratto) narrate dall’evangelista Luca, pure lui pittore. Dicono così: “Ecco, questo bambino è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Se in cielo esistono libri, puoi avere la conferma leggendo il Vangelo dell’autore che ti ho indicato al capitolo secondo, versetti 34 e 35.

Nella parte sinistra del quadro, è rappresentato Gesù che sta cavalcando un agnello. Pur essendo ancora piccolo, si nota già in lui una grande determinazione. Infatti il viso non è rivolto verso la madre, ma guarda in alto, lontano, perché sa che deve compiere non la volontà dei genitori della terra ma quella del Padre del cielo. A ben guardare, il mite agnello è solo un simbolo. Infatti credo proprio che anche ai tuoi tempi si cavalcassero asini, cavalli, cammelli e non certo agnelli! Il vero “Agnello di Dio,colui che toglie il peccato del mondo” è Gesù stesso destinato ad essere sacrificato sulla croce come gli agnelli immolati nel tempio di Gerusalemme. Scusami maestro, ma qui non ti dico la citazione precisa. Cercala da solo all’inizio del vangelo di Giovanni.

Oltre le figure che ti ho descritto, si intravede lontano la figura di San Giuseppe intento al banco di falegname. Alcuni trucioli di legno stanno sul piano di lavoro. E’ dipinto appartato perché, si sa, i papà vogliono bene ai loro figli più con una presenza lavorativa e silenziosa che con una vicinanza fisica. Comunque la raffigurazione di San Giuseppe, nell’insieme che ti ho descritto, rende il quadro unico nel suo genere.

Oltre le figure che ti ho descritto, si intravede lontano la figura di San Giuseppe intento al banco di falegname. Alcuni trucioli di legno stanno sul piano di lavoro. E’ dipinto appartato perché, si sa, i papà vogliono bene ai loro figli più con una presenza lavorativa e silenziosa che con una vicinanza fisica. Comunque la raffigurazione di San Giuseppe, nell’insieme che ti ho descritto, rende il quadro unico nel suo genere.

Il cielo azzurro completa la scena. E’ di certo “ Quel cielo di Lombardia così bello quand’è bello, così splendido, così in pace”, descritto da un certo Alessandro Manzoni che spero che tu ora conosca e che ti chiedo di salutare a nome mio.

A questo punto ti chiederai perché ti ho scritto quasi volessi farti una predica o descriverti un quadro qualsiasi. No, no. Ma sai che alcuni dicono che la tela, tutta o almeno in parte, è stata dipinta da te? Sottovoce per non suscitare gelosie, ti dico i loro nomi: Mario Mascetti ed Ernesto che ha il cognome Solari come uno dei tuoi alunni. Altri dicono che è stato dipinto da Luini, o dal Melzi, o dal Solari o da chissà chi. Personalmente, come il mio predecessore don Mario Moiola che ha valorizzato il quadro abbandonato in sacrestia e l’ha fatto restaurare con il contributo dell’Associazione “Amici di Como”, posso solo dire che è bello e ricco di significato. Caro maestro, io la mia parte l’ho fatta. Adesso tocca a te darmi una risposta. La tela è stata dipinta da te sì o no? Non lasciare ancora nel dubbio me e tutti quelli che ancora oggi ti ricordano come un grande maestro e un geniale inventore. Ti prego almeno di non fare un sorriso enigmatico come quello della “Gioconda” che dicono portavi sempre con te e che anche io ho ammirato al Louvre di Parigi.

Ossequi,

don Alfonso Rossi